Sono stata molto colpita dall’articolo E grazie di tetta nel blog di Ecomamma… ma soprattutto dalle risposte.
Invidio tutte queste mamme entusiaste con gli allattamenti da manuale.

Eggià, tutto quello che leggi durante la gravidanza ti dice “Allatta e sarai felice”, “Allatta ed avrai un meraviglioso rapporto con tuo figlio”, “Allatta e vivrai dei magici momenti di intimità occhi negli occhi con chi ami di più” e così via.
Bene, non per tutte è così… o almeno, per me non lo è stato. Ho deciso di scrivere qui la mia esperienza perché sarà un post lungo e non vorrei intasare ecomamma… nonché essere infilzata da un gruppo di mamme inferocite. 😉

Ho allattato mio figlio fino a cinque mesi e mezzo, e non ho smesso per scelta ma per necessità.
Me l’hanno attaccato fin da subito, fin nella sala parto, ed ho sempre avuto latte più che abbastanza, e talmente nutriente da far recuperare a Giovanni il calo fisiologico prima della dimissione dall’ospedale e da farlo aumentare di un kg al mese per i primi 6.
Eppure non ho avuto tutte queste esperienze mistiche con l’allattamento – o almeno non più di quante ne abbia avute con l’allattamento artificiale.

Sarà che Giovanni ha sempre mangiato – e generalmente mangia ancora – il latte con gli occhi chiusi o al più guardando l’infinito, perché subito dopo si addormenta… perciò gli occhi negli occhi non li abbiamo mai avuti.
Sarà che è sempre stato vorace, perciò più che una sensazione di pienezza mi comunicava una sensazione di “svuotamento”.
Sarà che appena lo avevo attaccato al seno tendevo disperatamente ad avere sete e addormentarmi, così non mi godevo proprio niente. [Da là è nata la mia abitudine di allattare in ogni caso a letto, che da necessità è diventata rituale che dura ancora.]
Sarà, soprattutto, che Giovanni ha sempre rigurgitato tanto, ed ha avuto dei problemi di reflusso piuttosto gravi, e questo ha fatto sì che avessi a lungo dei dubbi sulla “bontà” del mio latte.

…saranno tutte queste cose e molte altre, ma fatto sta che non ho rimpianto quasi per nulla l’esperienza dell’allattamento al seno quando ho dovuto passare al latte artificiale.

Tanto per fare un po’ di storia:
come ho detto, Giovanni ha sempre mangiato tanto da me. Con i suoi ritmi, si intende: ogni tanto stava attaccato anche delle mezz’ore, succhiando e pisolando, e guai staccarlo perché sennò strillava.
In più, praticamente ogni volta che mangiava dal seno si addormentava, salvo svegliarsi quando lo staccavo.

Negli ultimi tempi dell’allattamento succhiava ogni 2 ore (di giorno – di notte grazie al Cielo dormiva), tanto da farmi venire i dubbi se non avessi latte abbastanza. Quando ho fatto le doppie pesate, è venuto fuori che mangiava 180-250 grammi ogni volta, che moltiplicato per 8 poppate al giorno calcolate un po’ voi quanto fa.

Poi, ad un certo punto, il latte è finito. Da un giorno all’altro (o poco più) ne avevo appena sufficiente per una ciucciatina ogni tanto, soprattutto ai ritmi di Giovanni. Risultato: lui non voleva saperne di biberon, ma quando mangiava da me rimaneva con troppa fame e piangeva.
Lo abbiamo svezzato in fretta e furia, aumentando i suoi problemi di reflusso (la frutta gli faceva disastri) e di consguenza il suo nervosismo… e il mio, naturalmente.
Finché un giorno non ho più retto a Giovanni piangente, ho deciso che la frutta poteva aspettare, tanto più che non lo saziava, e le pappe pure, e d’accordo col medico ho interrotto del tutto la tetta.
All’alba (letteralmente) del secondo giorno, dopo aver snervato tutti di pianto compreso sé stesso, Giovanni ha ceduto alla fame, e si è scolato 2 biberon da 250 grammi di latte artificiale, della terza o quarta marca che provavamo. Quel giorno finalmente abbiamo dormito il sonno dei giusti.

Da quel giorno ho scoperto anche la comodità del biberon, che fra l’altro mi ha permesso di ricominciare ad avere una vita sociale (capite bene che un figlio che si attacca per mezz’ora ogni 2 ore non lascia molto spazio per il resto).
E poi: allattarlo in viaggio senza staccarlo dal seggiolino, lasciarlo alla nonna senza doversi prima tirare il latte e sperare che lo mangi, potersi dare il turno col papà le notti che non ce la fai, poter tornare a casa a farsi una doccia dopo le notti passate in ospedale col bimbo malato.
[Poco da dire… ci sono situazioni oggettive in cui il bibo è meglio – anch’io mi sono tirata fuori la tetta in luoghi assurdi per dargli da mangiare, anche se non mi fa impazzire, non tanto per la presunta vergogna mia o di chi mi vede, ma per un po’ di rispetto per l’intimità mia e del mio bimbo: dargli il latte in mezzo al centro commerciale o in mezzo alla strada mi ha sempre fatto una cattiva impressione, anche con quello artificiale.]

In più, paradossalmente, ho aumentato l’intimità con mio figlio: passate tutte le mie sonnolenze, le seti, le inadeguatezze vere o presunte, quello che restava eravamo (e siamo) solo io e lui.
Per compensare la mancanza del mio latte (che, vedi il manuale, oltre alla componente nutritiva ne ha pure una forte affettiva ecc. ecc.) ho anche intensificato le coccole e i rituali associati alla poppata – col risultato che Giovanni ciuccia ancora tanto, e in ogni occasione: sonno, malinconia, mal di denti, voglia di coccole ecc.
Ho anche scoperto (e qui “ecomamma” mi trova d’accordo) che man mano che il bimbo cresce, trovare questi momenti di intimità è sempre più bello: lo vedi saltare, giocare, scoprire, e ti fa piacere che alla sera si accoccoli su di te prima di addormentarsi.

Senza contare che col latte artificiale abbiamo trovato una formula che, associata alle cure, ha di molto ridotto i problemi del mio bimbo col reflusso, e questo ha semplificato di molto la nostra vita in comune.

Inutile dire che il punto di vista di Giovanni è un po’ diverso: per lui quando è mancato il latte della mamma è stata una tragedia. Ha letteralmente cambiato carattere: prima era gioviale e allegro, poi è diventato diffidente verso chiunque, e non accettava di andare in braccio a nessuno che non fosse la mamma, o in subordine il papà. Piangeva per un nonnulla, si svegliava a ogni rumore.
Crescendo anche tutto questo è passato, però sul momento mi ha fatto pensare…

In pratica, l’allattamento per me è stata una cosa comoda da molti punti di vista, per molti versi curiosa (mi pare impossibile che mio figlio sia cresciuto 6 kg mangiando solo da me che non ne peso nemmeno dieci volte tanti!), di sicuro importante per mio figlio più che per me.
Lo rifarei senz’altro, sperando anche che si prolunghi di più di quanto è successo stavolta… ma per favore, non venitemi più a raccontare le meraviglie da manuale, non fanno per me.