In risposta a Elasti

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Iniziamo: prima di leggere quello che sta sotto guardate questo video. Avrei tanto voluto inserirlo nell’articolo (embeddarlo nel post, per quelli che purtroppo parlano come mangiano) ma a quanto pare non si può.

Avete visto che bello? Da farlo vedere a tutti tutti tutti i genitori passati presenti e futuri, in modo che capiscano e riflettano.

Detto questo, vorrei parlare un po’ della mia esperienza, di maternità e lavoro, di congedi parentali e di uomini e donne. Sono all’iPad, perciò spero di riuscire ad arrivare fino alla fine del post prima di stressarmi della tastiera touch….

Sono Elisa, ho due figli e non lavoro (se fare la mamma a tempo pieno non vi sembra un lavoro, intendo). Ho una laurea e un master, tanto per mettere in chiaro che la cultura e le competenze non mi mancano.

Ho un figlio di sei anni e mezzo, che è la ragione principale per cui non lavoro. Quando sono rimasta incinta di lui avevo un lavoro che non mi entusiasmava, in un ambiente complicato fatto di persone meravigliose e interessanti e di altre, fra cui purtroppo qualcuno in posti di responsabilità, piuttosto ottuse e maschiliste. Ho dovuto combattere durante tutta la gravidanza, contro la mia famiglia (quella d’origine) che traballava e contro i miei capi per i permessi, le malattie e molto altro, scoprendo solo alla fine che alcuni dei miei diritti mi erano stati negati in modo più o meno consapevole.
Quando ho visto mio figlio, semplicemente ho pensato che non ce l’avrei più fatta a portare avanti tutto questo, pur con il sostegno incondizionato di mio marito. Non ce l’avrei fatta a partire alle otto di mattina lasciando mio figlio a qualcun altro per rientrare (ben che andasse e senza aver pranzato) alle tre col mio carico di responsabilità lavorative che non riuscivo a chiudere dietro la porta dell’ufficio. Non ce l’avrei fatta a gestire i genitori in crisi, i datori di lavoro capricciosi, i clienti esigenti, una famiglia E (forse ultimo) un figlio. Così ho mollato. Né a malincuore, né rimpiangendo il lavoro.

Poi sono impazzita, come dice Claudia-Elasti. Posso testimoniare che un figlio che piange tutto il giorno e non sai perché, mentre sei a casa tutto il giorno da sola e gli altri, pediatra compresa, non fanno che darti consigli a cui non riesci a dare un senso, è un’esperienza così forte e totalizzante che ti fa seriamente collaudare i limiti della tua sanità mentale.
A me mi ha salvato (oltre alle attenzioni di mio marito) una co-mamma più matta di me che in fondo mi faceva pensare di non essere così male, un’overdose di passeggiate lungo le strade di campagna dove nessuno sentiva strillare il pargolo in carrozzina, e soprattutto la responsabilità, fittizia ma in quel momento funzionava, di un sito tutto mio da 300 visitatori al giorno. Insomma, non ho ucciso mio figlio, ma chissà quante volte gli ho strillato dietro tutta la mia rabbia e solitudine, proprio a lui che non c’entrava niente.

Poi passa tutto: una provvidenziale assenza della pediatra di riferimento fa scoprire un reflusso gastroesofageo trascurato che, una volta curato, risolve i pianti in un batter d’occhio; una signora delle pulizie che si rivela una cara amica aiuta a mettere ordine non solo in casa; la decisione di mettere il figlio al nido (orrore! Una mamma che non lavora col figlio al nido!) crea per me una rete di nuove relazioni e amicizie che era indispensabile.

Insomma, si ritrova l’equilibrio.

Alla nascita della sorellina, cinque anni e mezzo dopo, decidiamo di non fare gli stessi sbagli. Programmiamo un mese di congedo parentale per il papà in corrispondenza dell’ingresso del primo alle elementari.
In più, arriva inaspettata una novità: se la mamma è casalinga, il padre ha diritto ai riposi giornalieri.
Insomma, per tutto il primo anno di vita della bambina, mio marito ha lavorato 6 ore al giorno, e in più è rimasto a casa per un mese intero. Una meraviglia!

Ma è qui il punto in cui dissento veramente da Claudia-Elasti: nonostante mio marito mi sia stato vicino, sia stato a casa e tutto il resto non ha capito niente! Perché il lavoro per lui in fondo era un altro, perché la mamma sono sempre io, perché quando c’era lui a casa c’ero anch’io e la differenza fra essere in due nella quotidianità o essere da soli non è facile da spiegare se uno non c’è in mezzo. E così quando adesso arriva a casa dopo le sue otto ore di lavoro fuori casa ho sempre la sensazione che non capisca che le stesse otto ore (anzi nove, perché la mia pausa pranzo non sempre è non-lavorativa) le ho lavorate anch’io, magari senza uscire e senza vedere nessuno.

Certo, nel frattempo ho affinato le armi per difendermi dall’impazzimento: ho sempre il sito da 300 visitatori al giorno, anche se mi preoccupo molto meno di non deluderli, ho un’idea di impresa che porto avanti con tenacia nonostante la scarsità di tempo, ho una rete di amici e amiche costruita nel frattempo. Ho soprattutto un marito che fa tutto il possibile per sostenermi… nonostante non capisca cosa vuol dire essere una mamma che lavora a casa!

Detto questo, tornerei al lavoro? No, perché almeno impazzisco in un posto solo anziché in due, perché vedo crescere i miei figli giorno dopo giorno (e magari li assillo, ma lo faccio io!), perché il tempo che trovo per fare quel che mi piace è guadagnato e non rubato.

Ma mi rendo conto che, soprattutto, posso permettermi di non cercare lavoro. Dal punto di vista economico, innanzitutto, perché non navighiamo nell’oro ma ce la caviamo, ma soprattutto perché ho altro per la testa che non siano i figli e la casa, per incoscienza o impostazione culturale.
Forse mi pentirò, un giorno, ma per ora sono felice così, come altre sono felici del loro conciliare lavoro e famiglia. Forse per ogni mamma c’è una strada; l’importante è che tutte abbiamo le possibilità, culturali e economiche, di scegliere.

Ecco, esattamente questo….

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Peepee-Teepee-for-the-Sprinkling-WeeWee
Avrei voluto scriverlo io, questo articolo: i prodotti più inutili per i neonati. Anche se è in inglese, dateci un’occhiata! Adesso ci penso su e ne aggiungo un paio… 🙂

Cosa serve per i bambini piccoli

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Dall’alto della mia esperienza con la bellezza di due figli 😉 , e soprattutto dalle conversazioni con le altre mamme, credo di essermi fatta un’idea di quello che serve o non serve nei primi anni di vita di un bambino. So che non sono informazioni facili da trovare, perciò vorrei scriverle qua, linkando eventualmente ad altri siti utili.

*** AVVERTENZA (da leggere prima della consultazione): ho detto che ho due figli. SOLO due, anche se con due temperamenti completamente diversi. Questi consigli vengono solo dalla mia esperienza di mamma… non sono una pediatra, né un’educatrice, né un’esperta di alcun tipo (e non vendo articoli per bambini). Perciò queste cose sono andate bene per me e per i miei figli, ma potrebbero non andare bene per i vostri. Scrivetemelo nei commenti (in modo civile, altrimenti mi prendo la libertà di non pubblicarvi), ne possiamo parlare! ***

Non so se ci riuscirò, ma vorrei parlare di queste cose, per ora:

DA PENSARE PRIMA DELLA NASCITA:

  • il fasciatoio
  • culla vs. lettino
  • lenzuolini
  • la carrozzina
  • il seggiolino per l’auto
  • quali vestitini?
  • body vs. camicine
  • tutone vs. pantaloni + maglietta
  • primi giocattoli
  • allattamento vs biberon (fra l’altro, dell’allattamento ho già scritto qua… un articolo che non smette di suscitare polemiche!)
  • tiralatte

PER I BAMBINI PIU’ GRANDINI:

  • il box
  • il seggiolone
  • il seggiolino per l’auto (part 2)
  • le macchinine per camminare/il triciclo
  • il caschetto per gattonare
  • i libri
  • i giocattoli che chiacchierano
  • lo svezzamento
  • mangiare bio

L’ETA’ DELL’ASILO:

  • la bicicletta
  • il monopattino
  • come vestirlo
  • i libri da grandi

Cosa dite? Bastano?  Se ve ne vengono in mente altre, le aggiungo alla lista!

Aggiornamenti

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Lunedì mattina, vorrei scrivere piovoso ma grazie al Cielo no, lo scirocco sembra calato e c’è anche il sole. Dopo più di un anno torno a scrivere… e chissà mai che mi venga anche voglia di fare delle foto e aggiornarvi sui miei progressi come “crafter”!

Nel frattempo vengo alla scusa che mi ha fatto scrivere. La gentilissima Roberta da Etsy mi scrive per un articolo che ho pubblicato tempo fa sul blog di Etsy Italia Team, a proposito della maglia a dita.
Bene… questo articolo, che veniva guarda caso da qua, è stato clonato fraudolentemente in un altro blog! *sigh*
[Non vi metto il link, ma lo trovate digitando su Google “Maglia a dita”]
Inutile dire che vedere le mie fotografie e tutto il resto copiato da un’altra parte senza nemmeno che mi sia stato chiesto uno straccio di permesso mi ha fatto andare su tutte le furie!!! 😦

…ma quello che mi fa più arrabbiare è leggere sotto agli articoli di quel sito “In questo preciso istante l’Autore di questo articolo sta guadagnando dei soldi grazie all’articolo”. Ma COME??? Io scrivo e tu guadagni???

Qualcuno ha dei consigli su cosa posso fare? Ho provato a scrivere un commento sotto all’articolo, ma è “in attesa di moderazione”. In più i contatti sul sito non funzionano… così ho scritto su Twitter, e scrivo qua. Altre idee?

Fiorellini!

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Facilissimi!!! Ecco il tutorial qua!
A presto le applicazioni, e le foto di gruppo!

Una stanza al giorno

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Come già sanno i miei amici di Facebook, ho iniziato un nuovo progetto: si chiama “Una stanza al giorno”. Mi spiego meglio:
Gì è tornato all’asilo, dopo un’estate in cui siamo stati parecchio rilassati. La mia casa perciò è piombata nel caos e nella sporcizia (boooo… sto esagerando, ma è per motivi promozionali!!!).
Come buon proposito di inizio anno, mi sono detta: pulisco una stanza al giorno. Bene, però, in modo che sia definitivamente in ordine e spolverata e profumata a fondo. Non è un processo facile: prevede il riordino degli scaffali, l’apertura delle scatole dimenticate, lo spostamento di mobili che si erano dimenticati di essere tali ecc. ecc.
Per ora sto tenendo fede al mio programma: lunedì è toccato al bagno di sopra (con annesso angolo-sgabuzzino, recentemente dotato di tenda). Il risultato è stato più che soddisfacente, comprese 2 scatole di tesori nascosti aperte e pile di cose buttate, un appendipresine della Thun che ha preso la via naturale della cucina e altre cose che non vi sto a dire.
Ieri, la libreria del corridoio di sopra si è liberata di una quantità di polvere che superava la quantità di libri. Un’altra scatola di tesori nascosti è riemersa, e dei cucchiaini d’argento ossidati così graziosamente che devo ricordarmi di fotografarli.
Oggi che ho poco tempo credo che pulirò la mia camera, o il bagno di sotto. Se volete seguire anche voi i progressi, tornate anche domani sul blog e vi saprò dire!

Benvenuti nel bunker

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(Questo post non è del tutto estraneo alla lettura di quest’altro, raccomandatomi da un amico su Facebook. Poi, come al solito, ci sono dei fatti personali.)

« Abito in un paesino del tranquillo nordest. Tranquillo, naturalmente, è una parola che non ha senso, visti tutti i furti e le cose che si sentono qua in giro. Pensate che qua di fronte ci hanno costruito un condominio, se tornassi indietro non gli lascerei mica più occupare la stradina dove ho il diritto di passaggio. Anzi, avevo, perché tolti questi due o tre, adesso tutti pretendono di parcheggiare sul mio, proprio davanti alla mia rete.
Avevo anch’io il cancello sul cortile del condominio, ma non ce la facevo più di dover passare avanti e indietro sempre dal loro, così subito prima delle ultime elezioni mi sono fatto dare il passaggio sulla provinciale e ci ho messo il mio bel cancello. Dei bei bastoni alti in ferro battuto, si intende, che a nessuno venga in mente che ci si possa entrare.
Tanto per non perdere il passaggio, però, un cancelletto sul cortile di quelli là del condominio l’ho lasciato, così vado avanti e indietro, soprattutto per tagliare la mia siepe.

È sì, non posso mica pensare che quei quattro disgraziati me la tengano in ordine, la siepe. L’ho piantata proprio perché non mi si possa vedere dentro al giardino, bella alta e bella grossa che non si sa mai. E ci ho messo anche la retina verde fina fina lungo il confine, così anche dove la siepe non c’è nessuno disturba.

Insomma… tranquillo… di sti qua davanti non ce n’è neanche uno che sia da qua, tutti foresti. Qualcuno per fortuna è da qua vicino, e allora sono gente pulita, mi chiedono per piacere e grazie, e salutano e hanno rispetto. Sono quegli altri! Di tutto, neri, meridionali, romeni, extracomunitari, ma guarda te se è un condominio di persone perbene. Poi i ragazzi, anche quelli da qua, imparano, tipo quello là che va alle superiori coi capelli lunghi e il motorino, che quando passa col casco non saluta neanche a morire, e si è tirato dietro anche i suoi, chissà cosa gli è andato a raccontare dopo quel giorno che gliel ho detto, di essere educato.

Ooooh, io il fucile ce l’ho, e anche le telecamere. E i cani, anche se quella deficiente piccola non farebbe male a una mosca. Per fortuna la allevo a vangate, così non si sa mai che impari a mostrare i denti. E ogni tanto piange, quella disgraziata, che pare un bambino. Per ore, che mi tocca chiudermi dentro per non sentirla. Ma non posso tenerla tutto il giorno che giri per il giardino, no? Deve stare nel canile, come l’altra, chiudo su così non mi rovinano le aiole.
Per fortuna ho messo le telecamere, a circuito chiuso, con anche la luce con la fotocellula: appena si avvicina qualcuno, si accende, così io da dentro posso vedere. C’è tanta gente che fa manovra davanti al mio cancello, e devono smetterla, che io non so mica chi sono eh!
Così ci parcheggio la macchina, davanti al cancello, filo filo col bordo della strada, tante volte con una ruota giù della rampetta, che così non gli vengono idee strane alla gente.

C’era un’ultima cosa che non potevo sopportare: la gente che passando per strada mi guardava dentro dal cancello, e così oggi ho preso provvedimenti. Una lastra di ferro, attaccata ai bastoni. A misura, grande come tutto il cancello. Bella nera, e anche coi rinforzi per dentro, così sono sicuro che nessuno vede più dentro, nessuno mi disturba. Tanto io vedo fuori lo stesso, con la telecamera sotto al tetto, di giorno e di notte, per controllare che non si avvicini nessuno.
Adesso mi manca solo finire di far crescere gli alberi fino a davanti le finestre, così sono tranquillo. Definitivamente. »

Maglia a dita – Tecnica 1

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Nella mia lunga esperienza di maglia a dita, che comprende più che altro cercare le informazioni su Internet, credo di aver individuato due tecniche (la terza, quella che coinvolge solo il dito indice, non mi interessa… anche perché la chiamerei piuttosto “uncinetto a dita”). Qui vi propongo la prima, che serve a fare una specie di “vermone” lungo e uniforme. Altro

La maglia a dita (ovvero “finger knitting”) – Introduzione

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Come promesso, inizio le mie mini-lezioni sulla maglia a dita. Doverosa premessa: sì, sto parlando di finger knitting, ma in questo momento non mi va di usare il termine inglese, così me ne sono inventata uno nuovo. Se vi va, usatelo pure, non ci metto il copyright.
Altra premessa: la maglia a dita è facile, è divertente… ma non so a cosa può servire. O meglio: ci fanno sciarpe, coperte e tutto il resto che si fa anche con i ferri tradizionali, ma passare il tempo a cucire faticosamente striscine fatte velocemente con le dita mi sembra un po’ un controsenso.
Oppure i rotolini di maglia a dita vengono usati per metterseli attorno al collo a mo’ di sciarpe. Belli, probabilmente. Pratici, resta da vedere.
Perciò, io vi insegno a farla, la maglia a dita, voi insegnatemi a usarla!

Per praticità, divido le “lezioni” in 3 post:

Andiamo a incominciare…

Profumo di pane alle segale fatto in casa…

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…ADORO la mia macchina del pane!

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